MASERATI

Sebbene la Maserati avesse già un’alternativa più economica alla Bora, la Merak V6, il nuovo presidente Alejandro De Tomaso pensò che una versione più piccola avrebbe potuto incrementare le vendite. In particolare, il governo italiano aveva introdotto un’aliquota IVA del 39% sulle auto di cilindrata superiore a 2 litri. In questo contesto fu lanciata la Merak 2000 GT. Questa stessa strategia avrebbe poi portato alla gamma Biturbo. I costosi freni idraulici furono eliminati da tutte le Merak a partire dal 1980. All’esterno, la 2000 GT manteneva la griglia nera della SS tra i fari e aveva anche un’ampia striscia nera sotto la linea di cintura. Era possibile scegliere tra due colori: blu chiaro metallizzato e oro. In totale, il modello Merak passò attraverso tre varianti e la gamma durò 12 anni; furono vendute 1.830 vetture, di cui 200 nella versione da 2 litri, esclusivamente sul mercato italiano.

Sotto il cofano: l’affidabilissimo V8 Maserati. La Kyalami era una sorta di modello di transizione, in un momento in cui la nuova dirigenza stava pianificando i programmi futuri. E anche in queste condizioni, la vettura è stata all’altezza dell’emblema del Tridente. Presentata al Salone dell’Automobile di Ginevra del 1976, la Kyalami riprendeva la filosofia della coupé a quattro posti e tre volumi, interrotta con l’ultima Mexico quattro anni prima. Il suo nome celebrava la pista sudafricana dove Pedro Rodriguez aveva vinto il Gran Premio di F1 del 1967 con una Cooper-Maserati T81. La Kyalami fu l’ultima creazione di Pietro Frua per la Maserati, il coronamento di una fruttuosa collaborazione iniziata 25 anni prima. Il V8 da 4,2 litri erogava 265 CV (successivamente ridotti a 253 CV e dotati di un nuovo impianto di scarico) e raggiungeva una velocità massima di 235 km/h. Le sospensioni posteriori indipendenti su un telaio ausiliario erano ereditate dalla Khamsin. I freni a disco erano interni (installati nel mozzo della ruota).

Nello stesso anno venne aggiunta alla gamma una versione con guida a destra della Kyalami. La clientela della Kyalami preferiva un’eleganza sobria e prediligeva il comfort per i lunghi viaggi. La guida era fluida; gli interni erano lussuosi con pelle Connoly sui sedili, pelle scamosciata sul cruscotto e spessi tappeti per il tocco finale. Delle 200 Kyalami prodotte, 25 erano dotate di un cambio automatico Borg-Warner a 3 velocità. Il modello fu prodotto fino al 1983. Dopo questa data, il coupé V8 uscì dalla gamma Maserati, per tornare nel 1990 con la Shamal.

Il classico GT Maserati più venduto: 2.141 esemplari prodotti in 14 anni. È stata soprannominata la “Rolls-Royce italiana” per i suoi interni estremamente lussuosi. Disegnata dall’Italdesign, fu costruita dalla Innocenti di Milano. Lanciata nel novembre 1976 con il nome “4porte”, un motore V8 da 4,2 litri da 255 (poi 246) CV e un cambio manuale a 5 rapporti. Nel 1981 fu disponibile esclusivamente con un motore V8 da 4,9 litri da 270/282 CV e un cambio automatico a 3 marce.

De Tomaso, il nuovo proprietario della Maserati, voleva modernizzare la gamma con una coupé accessibile. L’ambizione di rivolgersi a un’ampia clientela con un prezzo di vendita insolito per la Maserati doveva andare di pari passo con un motore a bassa tassazione. In Italia, quindi, era necessario un motore “piccolo” (meno di 2 litri di cilindrata a causa delle norme fiscali) per non penalizzare l’interessante prezzo di acquisto. Un motore “piccolo” compensato da 2 turbo IHI, una novità assoluta per l’epoca su un modello di serie. La Biturbo E (per l’esportazione), destinata ad altri Paesi, apparve nel 1983 con un motore 2.5 da 185 CV più potente. La seconda serie di Maserati Biturbo, la Biturbo II, arrivò nel luglio 1985 e riguardò sia la versione italiana sia quella destinata all’esportazione. Le differenze con la prima erano l’adozione di un differenziale a slittamento limitato Sensitork al posto del Salisbury, un serbatoio più grande (80 litri) e una camicia dei cilindri in Nigusil. Quest’ultima offre una maggiore resistenza agli aumenti di temperatura e riduce il consumo di olio. Esternamente, la Biturbo II si distingue per i nuovi cerchi da 14 pollici. I propulsori rimangono invariati.

La Maserati Biturbo ha subito una costante evoluzione, che rende difficile tenere traccia di tutti i suoi cambiamenti. La prima è stata la S (1983-1985), presentata a Roma il 23 luglio 1983 e caratterizzata dalla verniciatura bicolore e dai sedili disegnati da Missoni in tessuto Jacquard. Le sospensioni furono ribassate, i pneumatici Pirelli P7 più larghi e il V6 da 2 litri fu portato a 205 CV grazie allo scambiatore aria/aria, con un notevole incremento di potenza. La versione ES (per l’esportazione) fu offerta nel 1984, sempre con un 2.5 ma con soli 196 CV perché era catalizzata per il mercato statunitense. La seconda serie della S Biturbo fu introdotta nel 1985, con alcuni aggiornamenti minori, e divenne nota come Biturbo S II. Un leggero aumento di potenza (+5 CV) migliorò i dati di accelerazione, mentre il serbatoio più grande (80 L) permise una maggiore autonomia.

Il Biturbo i è dotato di iniezione Weber-Marelli, che migliora le emissioni, le prestazioni e il piacere di guida rispetto alla versione Weber Biturbo a doppio carburatore. L’iniezione sequenziale multipoint e l’accensione erano controllate elettronicamente, con il motore che funzionava con un overboost costante. Introdotta nell’autunno del 1986, la vettura si differenziava dalla versione a carburatori per le ruote e la plancia ovale con il famoso orologio nella parte superiore della console centrale. Fu prodotta fino al luglio 1990, quando furono venduti in totale 683 esemplari.

Quando nel 1986 la Maserati introdusse l’iniezione Weber-Marelli sulla Biturbo, la più potente Biturbo S ricevette lo stesso trattamento e fu presentata al termine della tradizionale conferenza stampa annuale del 14 dicembre. Soprannominata Si Biturbo, la versione da 2 litri per il mercato italiano vantava 220 CV, mentre la versione per l’esportazione catalitica aveva una potenza di 188 CV, nonostante la maggiore cilindrata di 2,5 litri. I doppi intercooler erano ora montati nella parte anteriore del motore. I colori disponibili a catalogo sono rosso, bronzo o nero, con carrozzeria inferiore grigia e un discreto spoiler posteriore. Gli interni presentano una configurazione dei sedili rivista con finiture in pelle. Il servosterzo era opzionale.

Anche se l’arcaica Quattroporte mk3 rimarrà in catalogo ancora per qualche anno, e solo in alcuni mercati, alla Biturbo manca una classe in più per passare all’estremo superiore della gamma. Non solo in termini di cilindrata, ma anche di dimensioni. Le coupé Mercedes SEC (W126), BMW Serie 6, de Tomaso Longchamp e Maserati Kyalami non sono all’altezza della Biturbo. Con la 228 coupé, de Tomaso cercherà di colmare un vuoto nel catalogo Maserati con un interessante patchwork tecnico e stilistico. La 228 è una sorta di anti-Karif, perché mentre quest’ultima si basava sul passo corto della Spyder, la 228 coupé, che doveva essere lussuosa, si basava sulla berlina. La superficie era più morbida, ma le linee, disegnate da Pierangelo Andreani, erano ancora molto vicine a quelle della sorella minore. La 228 doveva essere l’erede della Kyalami o della 3500 GT. Gli interni erano piuttosto lussuosi, con pelle e legno. Il motore da 2,8 litri erogava 250 CV, ridotti a 225 CV nella versione con marmitta catalitica, ma con una coppia eccellente.